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Rimborsi Ici ai sindaci, bocciati i tagli statali- Sole 24ore

  • 22 Mar, 2016
Pubblicato in: Entrate e Riscossione
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Un altro dei "tagli­ombra" tentati in questi anni dalle manovre centrali sui conti dei Comuni cade in tribunale.

Dopo le stime ballerine sul maggior gettito Imu prodotto dal decreto Monti, che hanno provato a sforbiciare i fondi dei sindaci in cambio di un aumento degli incassi frutto dei calcoli ministeriali più della realtà e sono state bocciate dal Consiglio di Stato (la questione vale mezzo miliardo: si veda Il Sole 24 Ore del 14 marzo), questa volta tocca al meccanismo pensato dai ministeri dell'Economia e dell'Interno nel 2009 per alleggerire le compensazioni riconosciute ai Comuni in seguito al cambio delle regole sul valore imponibile dei capannoni industriali. Prima di addentrarsi nei dettagli tecnici, è il caso di parlare dei risultati: al Comune di Bologna va un assegno da 14,2 milioni di euro, più i trasferimenti dovuti ma non ancora riconosciuti in una partita che vale 35,4 milioni, mentre a Modena la vittoria porta subito quasi 4 milioni, più gli arretrati su risorse dovute per 14,9 milioni. A definire valori e obblighi di rimborso sono due sentenze (la 698/2016 del Tribunale di Bologna e la 719/2016 di quello di Modena) che hanno bollato come illegittimo un escamotage messo in campo dal Governo nel 2009 per alleggerire un po' il peso dei conti locali sulla finanza pubblica. La storia è antica e nasce nel 2001, quando i Comuni avrebbero dovuto ricevere trasferimenti aggiuntivi per compensarli della perdita di gettito Ici derivante dall'autodeterminazione provvisoria delle rendite catastali dei fabbricati di categoria D, eseguita direttamente dai proprietari degli immobili come previsto dal decreto 701/94 del ministro delle Finanze. Il rimborso sarebbe scattato solo per le perdite di gettito considerate abbastanza pesanti da meritare la copertura, e per individuarle fu introdotto un doppio criterio: l'alleggerimento delle entrate avrebbe dovuto superare lo 0,5% della spesa corrente, e in ogni caso non essere inferiore a 1549,37 euro per evitare i costi dei micro­rimborsi ai Comuni più piccoli. Il meccanismo ha funzionato piùo meno tranquillamente per qualche anno fino a che, nel 2009, è stata chiesta agli enti locali una verifica del dare­avere, a cui è stato applicato un cambio di criterio piccolo all'apparenza ma significa­ tivo nei risultati: in pratica, il Governo decise si calcolare presupposti dei rimborsi sulla base delle variazioni di gettito registrate in ogni singolo anno, e non in tutto il periodo, con il risultato di escludere molti Comuni dagli indennizzi. Con questo sistema, se in un Comune le variazioni di rendita sono avvenute per esempio in due anni, dal terzo annoi rimborsi si sono azzerati, anche se naturalmente la perdita di gettito è continuata perché l'Ici (ora Imu­Tasi) si paga tutti gli anni. Proprio su questo disallineamento fra la ratio della norma, nata per compensarei Comuni degli effetti finanziari prodotti dalle variazioni di rendita, e la sua applicazione, che non garantisce il risultato, poggiano le due sentenze emiliane, all'interno di un contenzioso che ovviamente ha repliche in tutta Italia.

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