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Focus Piano Juncker - Le tre direttrici del piano

  • 28 Lug, 2016
Pubblicato in: Fondi Europei e coesione
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Gli investimenti in Europa sono stati la prima vittima eccellente della crisi economica che ne ha determinato un drastico crollo. La ripresa, debole ed incerta, ha prodotto negli anni a seguire un sostanziale recupero produttivo, ma il dato numerico degli investimenti resta drammaticamente basso, registrando una contrazione dal 2007 al 2014 di circa 430 miliardi di euro.


Investimenti

È chiaro, allora, che, pur continuando a perseguire una politica che ponga al centro il risanamento dei conti e delle finanze pubbliche, l’Unione europea si trova nelle condizioni di dover puntare verso politiche a sostegno di crescita ed investimenti, determinando, di fatto, una significativa rifocalizzazione e una importante opportunità soprattutto per i Paesi che la crisi l’hanno vissuta in maniera “violenta” sulle proprie finanze e sulle proprie prospettive di crescita.

In questo senso il Piano Juncker mira a dare un segnale politico forte da parte delle istituzioni europee e nazionali, riducendo il tasso di avversità al rischio degli operatori e facendo da traino per investimenti privati. La crescita in Europa, per ripartire, ha necessità di un intervento a livello aggregato, una politica comune, che orienti i risparmi che si sono accumulati in alcuni Paesi dell’eurozona verso investimenti da realizzare nell’area comunitaria.

Consolidamento dei conti pubblici

In questo scenario di crisi del debito, soprattutto in alcuni Paesi come la Grecia, il Portogallo, l’Irlanda e non ultima l’Italia, il cui rapporto debito pubblico Pil è costantemente superiore al 130%, l’Europa ha risposto mettendo in campo una regolamentazione stringente, come il Fiscal Compact, che non ha presentato modalità per la risoluzione della crisi con proposte e meccanismi di crescita, ma quasi esclusivamente regole e imposizioni relative a vincoli da rispettare in merito a parametri di riferimento di debito pubblico e deficit.

L’azione del Piano Juncker, si inserisce per creare uno scambio di flusso, utilizzando strumenti di “finanza creativa” ed effetto leva sviluppabili dalla Banca degli Investimenti Europei per far defluire una parte della liquidità circolante nel mondo finanziario verso l’economia reale.

Allo stesso tempo, sfruttando la modalità di finanziamento di progetti di pubblica utilità (le infrastrutture su tutte) senza gravare sui conti pubblici, insieme alle misure prese dalla Banca Centrale Europea (come il quantitative easing) per tenere bassi i tassi d’interesse sul rifinanziamento del debito pubblico, si realizza una finestra temporale importante in cui le finalità delle misure comunitarie e quelle del Piano si possano compiere. Rilanciare la crescita e nel contempo pensare al consolidamento dei conti pubblici per ripartire.

Riforme strutturali e condivise

Il Piano Juncker non potrà dirsi completamente realizzato se, a sostegno degli investimenti, non vi sarà un cambio radicale che presupponga un miglioramento netto del contesto normativo. È imprescindibile, infatti, realizzare un quadro di regole chiare e stabili per stimolare gli investimenti soprattutto nel caso di progetti a lungo termine che vedono il coinvolgimento di capitali privati.

È essenziale che al centro dei progetti dei Paesi membri siano poste: stabilità politica e legislativa, procedure amministrative snelle e rapide, un sistema giudiziario veloce ed affidabile, una pubblica amministrazione efficiente e tecnicamente preparata, sistemi educativi performanti, carichi fiscali che non siano asfissianti, flessibilità del mercato del lavoro. Elementi questi che incidono in maniera determinante nel dirottare gli investimenti privati che nel mercato moderno hanno come orizzonte il mondo intero.

Attraverso il Trattato di Lisbona si sono poste le basi di una politica comune europea di better regulation, che possa assicurare la convergenza delle regolazioni europee e nazionali verso modelli sempre più votati a spianare la strada agli investimenti. Il Piano Juncker per avere pieno successo deve avere la capacità di accelerare le riforme, attraverso l’azione determinante della Commissione europea affinché la crisi si avvii verso una risoluzione reale che sia tale non solo nei numeri (peraltro scarni) in leggera risalita degli ultimi periodi, ma che ponga oggi anche le basi per una crescita reale e sostenibile negli anni a venire. Una crescita dell’intera Unione che si basi su valori non più così disomogenei quali quelli attualmente osservabili tra i diversi Paesi membri.


di Rosy Cefalo

© European Communities , 2004/Source: EC - Audiovisual Service/Photo: Georges Boulougouris

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