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Imu prima casa abolita, non per tutti - Il Sole 24 ore

  • 29 Nov, 2013
Pubblicato in: Entrate e Riscossione
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Speciale casa e fisco

Ora è ufficiale. La seconda rata Imu non andrà pagata. Ma l'abolizione, disposta con il decreto legge approvato dal Consiglio dei ministri di ieri non sarà totale. Almeno per chi risiede in un comune che ha alzato le aliquote rispetto al 2012 e che dovrà ora passare alla cassa (entro il 16 gennaio 2014) per versare la differenza tra il 50% del tributo pagato nel 2012 e il 50% di quello che avrebbe dovuto corrispondere quest'anno. Una scelta che di fatto lascia sulle spalle dei cittadini almeno metà dei 500 milioni di maggiori rimborsi ai sindaci e che ferma a quota 2,1 miliardi il conto dello stop al saldo dell'imposta municipale 2013. Risorse che arriveranno da una doppia stangata su banche e assicurazioni.
A riassumere le cifre dell'intera operazione è stato il ministro dell'Economia nella conferenza stampa post-Cdm: «L'importo della rata dell'Imu abolita è di 2,150 miliardi compresi gli immobili strumentali agricoli e viene coperta essenzialmente con interventi sul sistema bancario - ha spiegato Fabrizio Saccomanni - per una quota di un terzo con anticipi sull'imposizione del risparmio amministrato e due terzi con aumenti di anticipi su Ires e Irap a fronte di un aumento delle aliquote che graverà solo per un anno sulle banche». L'anticipo corrisposto, ha aggiunto il titolare di via XX Settembre, «sarà vicino al 130%».
In realtà il sistema delle coperture contenuto nel Dl è più articolato. Rinviando all'articolo pubblicato nella pagina accanto per i dettagli, in questa sede occorre sottolineare che quest'anno gli istituti di credito e le compagnie assicurative vedranno crescere l'asticella degli anticipi di Ires e Irap fino al 130 per cento. Laddove gli stessi soggetti, nell'anno di imposta 2013, si vedranno applicare un'addizionale dell'8,5% sull'Ires che porterà, una tantum, il prelievo sul reddito di banche e assicurazioni al 36 per cento. Ben tre punti in più di quanto pesava la vecchia Irpeg prima della sua uscita di scena e che serviranno a coprire il mancato gettito generato dal maxi-acconto di quest'anno.
Su entrambi i nodi che fino a ieri avvolgevano il provvedimento e che hanno determinato il ripetuto slittamento del suo varo il governo ha optato per una soluzione di compromesso. Sui beni agricoli - stando a quanto dichiarato dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Filippo Patroni Griffi - lo stop del saldo riguarderà «i fabbricati rurali e i terreni agricoli per la parte coltivata». Adottando dunque la soluzione di compromesso avanzata dal ministro delle Politiche agricole ed esponente del Nuovo centrodestra, Nunzia De Girolamo. Anche perché per esentare tutti i terreni e non solo quelli coltivati sarebbero serviti almeno 200 milioni in più.
Ce ne sarebbero voluti invece 500 per andare incontro alle richieste dell'Anci e calcolare sulle aliquote 2013, anziché su quelle 2012, i maggiori trasferimenti da corrispondere ai comuni in virtù della cancellazione della seconda rata. Non essendo riusciti a reperirli nelle pieghe del bilancio pubblico, l'esecutivo ha fissato al 50% dell'imposta versata l'anno scorso il tetto entro il quale provvederà al rimborso; il resto ce lo metteranno di tasca propria i cittadini entro il 16 gennaio se i sindaci li chiameranno alla cassa. Anche se il comunicato finale di Palazzo Chigi ha precisato che «metà dell'importo viene ristorata dallo Stato; a fini perequativi l'altra metà verrà versata dai contribuenti».
A parte la rivalutazione sulle quote di Bankitalia possedute dalle banche (su cui si veda pagina 8) il Dl contiene anche un articolo dedicato alle dismissioni degli immobili pubblici. Che, tra le altre cose, consentirà anche a regioni ed enti locali la possibilità di cedere beni immobili a Cassa depositi e prestiti.

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