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Edilizia pubblica, Imu bifronte - Italia Oggi del 30 luglio del 2013

  • 30 Lug, 2013
Pubblicato in: Entrate e Riscossione
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Agli immobili posseduti dagli istituti di edilizia residenziale pubblica (Erp) non si applica l'aliquota Imu per l'abitazione principale, ma l'aliquota deliberata dal comune e la detrazione di 200 euro.

È questo, in sintesi, il principio stabilito dal Tar Liguria nella sentenza n. 992 del 3 luglio 2013, che per la prima volta in materia di Imu ha affrontato una problematica assai scottante sulla quale non sono mai placate le polemiche da parte degli enti interessati.I giudici liguri hanno respinto un ricorso presentato da un istituto di edilizia residenziale pubblica (Erp), il quale ha eccepito che gli immobili da esso posseduti erano stati assoggettati dal comune all'aliquota dell' 1,06% e non a quella per abitazione principale che ritenevano, invece, applicabile in base alle norme che disciplinano l'Imu.Quest'ultima affermazione è stata nettamente confutata, sulla base del semplice dato testuale dell'art. 13, comma 10, del dl 6 dicembre 2011, n. 201, convertito dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, nel quale viene stabilito che alle unità immobiliari di cui all'art. 8, comma 4, del dlgs. 30 dicembre 1992, n. 504 (e cioè alle unità immobiliari, appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivisa, adibite ad abitazione principale dei soci assegnatari, nonché agli alloggi regolarmente assegnati dagli istituti autonomi per le case popolari) si applica la detrazione pari a euro 200 stabilita per l'unità immobiliare adibita ad abitazione principale del soggetto passivo e per le relative pertinenze. La norma è sin troppo chiara nel precisare che trova applicazione la sola detrazione e non l'aliquota stabilita per l'abitazione principale.I giudici non hanno mancato, poi, di rilevare che nel caso di specie i numerosi immobili sono tutti accatastati per importi non elevati, e pertanto il riconoscimento della detrazione riduce notevolmente il carico tributario del soggetto passivo del tributo.Un altro aspetto sul quale si è soffermata la sentenza è quella della misura dell'aliquota che il comune ha fissato allo 1,06%, aumentando dello 0,3% la misura base dello 0,76% prevista dall'art. 13, comma 6, del dl n. 201, del 2011. Il ricorrente ha lamentato che tale scelta era in aperto in contrasto con le linee guida del ministero dell'economia e delle finanze, che avrebbero prefigurato l'opportunità di un trattamento di favore per gli immobili di proprietà degli enti gestori del patrimonio di Erp, consentito dal comma 9 dell'art. 13 del dl n. 201 del 2011, che prevedere una riduzione dell'aliquota di base fino allo 0,4% nel caso di immobili posseduti dai soggetti passivi dell'Ires, tra i quali rientra l'ente ricorrente.Anche in questo caso, però, la risposta dei giudici è stata decisamente negativa, in quanto «le norme interne del ministero non possono vincolare un'amministrazione comunale», che tra l'altro, è meramente facoltizzata a esercitare tale opzione, che nel caso di specie non ha ritenuto, invece, coerente con il proprio sistema di aliquote che, a detta dei giudici, appare congruo, giacché l'applicazione delle aliquote massime risulta controbilanciata dalla possibilità ammessa dal regolamento comunale di detrarre quanto ogni titolare di prima casa di abitazione può portare a scomputo dell'obbligazione che gli deriva. Un ultimo punto oggetto di gravame ha riguardato la violazione delle norme sul procedimento amministrativo, in quanto la delibera impugnata è priva di un'adeguata motivazione La risposta è stata perfettamente in linea con quanto stabilito dalla giurisprudenza formatasi durante il vigore dell'Ici e cioè che l'art. 13 della legge 7 agosto 1990, n. 241, non impone l'osservanza delle norme denunciate per l'adozione di provvedimenti generali di carattere normativo, come sono quelli oggetto di impugnativa.Nessuno spazio, infine, è stato lasciato alle censure di incostituzionalità delle norme del comune, che non avrebbe fatto buon governo della possibilità concessagli dalla legge di graduare l'imposizione sugli immobili, né all'ipotetica necessità, evocata dalla ricorrente, di applicare le norme dell'Ici nei casi in cui non siano chiare le disposizioni di riferimento dettate per l'Imu, in ragione della derivazione dell'Imudall'Ici. Il Tar ha ritenuto, invece, che la normativa dell'Imu è «organica e non bisognosa di integrazioni».

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