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Tari, nella tariffa cade la «flessibilità» sui coefficienti- Sole 24ore

  • 19 Ott, 2015
Pubblicato in: Entrate e Riscossione
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pAnche senza modifiche normative i Comuni dovranno tener conto delle prescrizioni normative già esistenti prima di approvare le tariffe relative alla Tari 2016.

L'appuntamento più importanteè quello coni coefficienti di produzione, che incidono sul calcolo della tariffa. Il legislatore, per agevolare soprattutto i Comuni che provenivano dalla Tarsu, al fine di non concentrare in un solo anno un incremento importante delle tariffe, ha previsto, con il Dl n. 16/2014, limitatamente agli anni 2014 e 2015, la possibilità di adottare dei coefficienti di produzione, di cui agli allegati al Dpr n. 158/1999, che si discostino dai valori minimi o massimi di non oltre il 50 per cento. La medesima norma ha consentito, inoltre, di non considerare, per le utenze domestiche, il numero dei componenti la famiglia. Di fatto, un'applicazione della Tari molto simile alla Tarsu. Il fatto che il legislatore abbia autorizzato per legge la deroga alla misura dei coefficienti di produzione porta a ritenere che ­ finito questo periodo transitorio ­ i Comuni dovranno necessariamente adottare valori che si collocano all'interno di quelli minimi e massimi indicati dal Dpr. n. 158/1999. Rimane comunque ferma la possibilità, confermata nelle Linee guida predisposte dal Mef per la Tares, di derogare ai limiti massimi e minimi a condizione che si dimostri, «in base a una specifica e rigorosa indagine», l'esistenza di circostanze particolari riferibili alla specifica situazione locale. Altra novità è quella prevista dal comma 653 della legge n. 147/2013, il quale prevede chea decorrere dal 2016, nella determinazione dei costi che devono trovare copertura integrale con la tariffa, il Comune "deve" avvalersi anche delle risultanze dei fabbisogni standard. La norma in teoria è autofunzionante, non richiedendo l'emanazione di decreti attuativi, ma la sua applicazione pratica è tutt'altro che agevole (e sensata). Fermo restando che i costi da includere nel piano fi­ nanziario devono essere necessariamente quelli previsti dal metodo normalizzato di cui al Dpr n. 158/1999, l'unica lettura possibile è che il preventivo dei costi del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti deve collocarsi non al di sopra dei fabbisogni standard. Tuttavia sul sito OpenCivitas sono disponibili informazioni datate, relative ai bilanci 2010. I fabbisogni pubblicati sono i pro capite della spesa aggiustati per alcune variabili di contesto, come popolazione e flussi turistici (nota metodologica FC05B, allegato6 disponibile sul sito Copaff). Considerata la modalità di determinazione dei fabbisogni, e le diverse modalità di svolgimento del servizio rifiuti nei Comuni, questi non possono essere validamente utilizzati come benchmarking per la contrattazione del costo del servizio per il 2016. Infine, occorre evidenziare un'inadempienza ministeriale che sta determinando una babele di modalità applicative della Tari corrispettiva. Il comma 667 della legge n. 147/2013 prevedeva l'emanazione entro giugno 2014 di un decreto con il quale dovevano essere definitii «sistemi di gestione caratterizzati dall'utilizzo di correttivi ai criteri di ripartizione del costo» finalizzati ad attuare un modello di tariffa commisurata al servizio reso. In altri termini, in assenza di veri e propri sistemi di misurazione di tutti i rifiuti conferiti, si è prevista la possibilità di adottare delle metodologie che attraverso stime dei rifiuti conferiti autorizzano comunque l'applicazione della Tari corrispettiva, incassata direttamente dal gestore dei rifiuti. In assenza di questo decreto, ogni gestore si è scritto il proprio sistema e ciò ha portato a livelli di tariffazione anche notevolmente diversi da Comune a Comune. Pare proprio che questo modo di operare contraddica la natura della Tari, che rimane comunque una imposta o un corrispettivo regolato da norme statali.

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