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Politica di coesione: 2016, rilancio degli investimenti pubblici, con attenzione a coinvolgere anche capitali privati

  • 19 Feb, 2016
Pubblicato in: Fondi Europei e coesione
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Pur fra le molte preoccupazioni per la congiuntura, il 2016 dovrebbe essere l'anno di ripresa degli investimenti pubblici in tutto il Paese, dopo il drastico calo degli ultimi anni. Certamente sarà l'anno in cui entrerà in piena attuazione e a regime la strategia adottata nell'Accordo di partenariato e nei relativi programmi operativi della politica di coesione 2014-2020.
Si tratta di circa 100 miliardi di euro (fra fondi strutturali, quote di co-finanziamento, programmi complementari e Fondo FSC) in campo nel periodo 2016-2023 per sostenerela crescita e l'occupazione, in una logica di sostenibilità ambientale e di inclusione sociale. Il Governo italiano, per stimolare la ripresa, con la cosiddetta «clausola degli investimenti» ottenuta attraverso l'autorizzazione Ue a una deviazione dal percorso di convergenza, ha giocato la carta della flessibilità rispetto al Patto di stabilità europeo e stima si possano mobilitare investimenti nel 2016 (fra progetti co-finanziati da fondi strutturali 2014-2020, il Connecting Europe Facilitye il Piano Juncker) per un valore complessivo pari a 11 miliardi di euro, di cui 7 miliardi dovrebbero riguardare il Mezzogiorno.
Il ruolo di Comuni
Dal rapporto Ifel sulla dimensione territoriale della politica di coesione, emerge che i Comuni sono stati i secondi beneficiari dei programmi 2007-2013, dopo il sistema delle imprese. Dalle analisi condotte dall'Osservatorio Anci-Ifel e pubblicate su questo giornale, risulta inoltre che anche per il 2014-2020, sono state ampiamente superate le prescrizioni dei regolamenti comunitari di allocare almeno il 5% del fondo Fesr su interventi di sviluppo urbano sostenibile. [articolo 7, Reg. (UE) 1301\2013].
Dopo l'approvazione dei criteri di selezione delle operazioni nei Comitati di Sorveglianza dei programmi operativi, di cui daremo informazione in una prossima nota, i Comuni potranno dunque completare il percorso di definizione delle proprie strategie di intervento e avviare piani e progetti di investimento.
È importante ricordare, infine, che con la legge di stabilità 2016 sono state poste le basi per il superamento del Patto di stabilità interno in favore della nuova regola di pareggio del bilancio per le Regioni e per gli enti locali e che a seguito di questa decisione sarà possibile per molti Comuni, con attivi di bilancio, superare i blocchi forzosi della spesa degli anni passati e mobilitare consistenti risorse per effettuare investimenti in conto capitale, utili al rilancio della crescita.
Il ruolo dei "capitali privati"
Il capitale privato è chiamato a contribuire al nuovo ciclo di investimenti pubblici, anche attraverso la partecipazione al finanziamento di interventi co-finanziati dalla politica di coesione. Ciò potrà avvenire a mezzo di progetti generatori di entrate (Pge), definiti come «qualsiasi operazione che comporti un investimento in infrastrutture il cui utilizzo sia soggetto a tariffe direttamente a carico degli utenti o qualsiasi operazione che comporti la vendita o la locazione di terreni o immobili o qualsiasi altra fornitura di servizi contro pagamento» [articolo 55 del Reg. (Ue) 1083/2006].
La disciplina dei Pge ha subito una prima revisione con il Reg. (UE) 1341\2008; gli articoli 61 e seguenti del nuovo regolamento (Ue) di coordinamento dei fondi n. 1303\2013 ridefiniscono la materia nell'ambito di una più estesa normativa in materia di sostegno dei fondi agli strumenti di partenariato pubblico-privato.
La normativa in vigore si intreccia quindi con quella dei nuovi «strumenti finanziari innovativi» promossi dalla Commissione e che dovrebbero produrre, almeno nelle intenzioni, tre importanti effetti:
• un effetto moltiplicatore sui fondi a disposizione;
• una capacità di associare diverse forme di risorse pubbliche e private a sostegno di obiettivi di politiche pubbliche;
• una capacità di rendere il sostegno dei fondi più sostenibile sul lungo periodo.
L'individuazione di progetti finanziabili con la formula Pge riguarda i settori di intervento per i quali sia possibile stimare, ex ante, i fattori che condizionano la possibilità di prevedere gli elementi chiave delle entrate, ossia le tariffe e la domanda: i fattori più importanti in tal senso sono la disponibilità di dati coerenti ed esperienze e know how acquisito nel passato in progetti di investimento di questo tipo.
È evidente che gli strumenti finanziari promossi con il concorso di fondi strutturali dovranno essere concepiti e attuati in modo da stimolare la partecipazione delle istituzioni finanziarie e degli investitori privati, sulla base di un'adeguata condivisione dei rischi. Essi, infine, dovranno essere usati per rispondere a specifiche esigenze di mercato in modo efficace sotto il profilo dei costi, conformemente agli obiettivi dei programmi, evitando di produrre effetti di esclusione (crowding-out) dei finanziamenti privati.
Tipologia di progetti finanziabili ed esempi di progetti promossi dai Comuni
Gli esempi a cui si guarda per questa tipologia di interventi sono ovviamente quelli classici delle grandi infrastrutture, il cui utilizzo sia soggetto a tariffe direttamente a carico degli utenti. Si pensi a investimenti in viabilità che generino entrate attraverso pedaggi a carico degli autisti che le utilizzano ovvero altri flussi di cassa positivi ("pedaggi ombra" corrisposti dal Governo agli operatori del progetto); a investimenti nel settore del trasporto ferroviario che si remunerano con i biglietti pagati dai viaggiatori o flussi derivanti da contributi governativi ai costi operativi.
Uno spazio importante è riservato tuttavia anche agli interventi promossi dagli enti locali. Si tratta in questo caso di operazioni che comportino la vendita o la locazione di terreni o immobili, le cui entrate siano determinate: da prezzi o canoni di locazione pagati dagli utenti che utilizzano gli immobili, da pagamenti a carico degli stessi di altri servizi forniti dal progetto nonché da flussi di cassa positivi generati da contributi di investimenti azionari e\o dagli introiti generati dai prestiti.
Di rilevante interesse, inoltre, possono essere gli investimenti che riguardino il settore della valorizzazione dei beni culturali, dove le entrate siano assicurate dai canoni di locazione per mostre e\o da sussidi erogati da parte di enti pubblici o da donazioni private. In generale, sono da prendere in considerazione tutte le iniziative che prevedano un qualsiasi altro tipo di fornitura che comporti erogazioni di servizi contro pagamento. Un settore in cui sarà possibile sperimentare formule di coinvolgimento di capitali privati nell’ investimento, per esempio, è senz'altro quello del trattamento di acque di scarico e del ciclo integrato dei rifiuti.
Il ruolo di Cassa depositi e prestiti
Un ruolo importante nell'attivazione di questi nuovi strumenti è rivestito dalla Cassa Depositi e Prestiti (Cdp). Tale ruolo è regolato dai commi 826-830 della legge di stabilità per il 2016. Cdp ha innanzi tutto la qualifica di istituto nazionale di promozione, come definito dall'articolo 2, numero 3), del regolamento (Ue) 2015/1017, relativo al Feis, il nuovo Fondo europeo per investimenti strategici, che sarà gestito dalla Bei (Banca europea per gli investimenti). In ragione di tale qualifica, Cdp è abilitata a svolgere le attività degli istituti nazionali di promozione previste dal regolamento (Ue) 2015/1017, nonché i compiti previsti dal regolamento generale sui fondi strutturali (Reg. Ue n. 1303/2013 del 17 dicembre 2013) e dal regolamento (Ue, Euratom) n. 966/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, recante le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell'Unione.
Cdp, inoltre, potrà impiegare le risorse della gestione separata per contribuire a realizzare gli obiettivi del Feis, tra l'altro, mediante il finanziamento di piattaforme d'investimento e di singoli progetti.
Cdp o le società da essa controllate potranno infine esercitare i compiti di esecuzione degli strumenti finanziari destinatari dei Fondi SIE, di cui al regolamento (Ue, Euratom) n. 966/2012 e al regolamento Ue n. 1303/2013, in forza di un mandato della Commissione europea ovvero su richiesta delle Autorità di gestione.
Le relative attività potranno essere condotte con apporto finanziario da parte di amministrazioni ed enti pubblici o privati, anche a valere su risorse europee.

di Francesco Monaco - Responsabile Area politiche di coesione territoriale Anci

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