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Venezia sblocca i fondi Il sindaco: "Pronti cento milioni per le nostre aziende" da La Stampa 8 aprile 2013

  • 11 Apr, 2013
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Venezia paga subito. Cento milioni. Li aveva lì - virtuosissima - nelle casse, e ora è pronta a girarli alle aziende in stato semicomatoso che hanno lavorato per la pubblica amministrazione. Per il campanile di San Marco o per il ponte di Calatrava? Più banalmente per strade con le buche e per le scuole da mettere in sicurezza.

Soldi che non poteva usare per via di un patto di stabilità che sembrava diventata come l'arrocco nella dama, un espediente non contemplato dalla regole. E che non ha nessuna possibilità di funzionare. Col via libera del governo, l'avvocato-professore Giorgio Orsoni, sindaco non proprio Serenissimo, svuota la cassaforte e salda i debiti. Niente più «buffi». Cancellati entro la fine dell'anno. Mai visto un uomo più felice di aprire il portafoglio. «Respiriamo. Ma nel 2014 bisognerà ridefinire le regole». Guerra senza fine. Il suo tesoretto, il primo cittadino della città più ammirata della Via Lattea (amministrata con regole da clinica svizzera) l'aveva messo da parte da un pezzo. Semplicemente non lo poteva usare. «Il patto di stabilità ci ha bloccati». Prima dell'approvazione di regole da galera per tenere i bilanci in equilibrio, il suo modo di usare il denaro era semplice. Faceva solo promesse che poteva mantenere. Invece di pagare a sei mesi magari pagava a un anno. Ma lo diceva prima. Al dunque non sgarrava mai. «Gli imprenditori sapevano e condividevano». E quando era certo di non avere abbastanza soldi, semplicemente non faceva il bando. Snervante? «Una roba da stare male. Io, che sono un moderato, sono diventato un rivoluzionario». A 66 anni Orsoni, che alle amministrative del 2010 ha sconfitto Renato Brunetta, si è scoperto di lotta e di governo. Ma soprattutto di lotta. «Per questo ora dico ai partiti di mettersi una mano sulla coscienza». Bello. E se non ce l'avessero? «La mettano ugualmente. A questo Paese serve immediatamente una guida sicura». Inciucio? «Accordo. Per il bene comune». Senza il Movimento5 Stelle? «Q uelli sanno solo protestare. Sono dei qualunquisti. L'Italia ha bisogno di persone serie. E se volete un nome per il p re m i e r i o u n s u gge r i m e n t o ce l'avrei». Prego. «Graziano Delrio, il presidente dell'Anci». Perché lui, è presto detto. Ha dato il suo contributo decisivo per sbloccare 40 miliardi che saranno spalmati nei prossimi due anni, quando c'era rimasto davvero poco da fare e lo spazio del pensiero era ridotto alla grandezza di un pugno. «Ha trovato la strada giusta. E per di più è un sindaco». E allora? «E allora ormai la gente si fida solo di noi. Siamo noi che facciamo le cose sul territorio». Ha anche un nome per la presidenza della Repubblica? «A me piace Prodi». Mondi paralleli. I Comuni e lo Stato Centrale. Si colma il gap? «Per forza». In attesa dell'incontro ravvicinato del terzo tipo il professore-avvocato tiene alta la bandiera di Venezia. E con La Fenice parte per Osaka, dove i giapponesi gli hanno chiesto di inaugurare la stagione teatrale. «Soldi pubblici zero. Pagano tutto loro. Ci vogliono. Il nostro marchio è forte. Non solo quello di Venezia, quello dell ' Italia intera . Abbiamo risorse che nel mondo si sognano. Per questo quando vedo la palude nella quale siamo finiti mi sento avvilito». Se ne esce? «Se ne esce. Magari rinnovando la classe dirigente. Non per età. Ma per qualità. Noi moderati non ne possiamo più di stare sulle barricate». E le immagini vivide del passato turbolento gli passano davanti agli occhi come cavalli in corsa.

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