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I pagamenti continuano e il gettito va ai Comuni - Il Sole24 ore del 25 luglio del 2013

  • 25 Lug, 2013
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Con l'introduzione dell'Imu si è ristretta la nozione di abitazione principale e si è conseguentemente ampliata la platea delle seconde case, che non possono avvalersi della disciplina agevolata e non sono rientrate nella sospensione della prima rata 2013.

L'individuazione delle seconde case avviene quindi per esclusione, eliminando tutto ciò che non rientra nel perimetro delle abitazioni principali. In primo luogo la «dimora abituale» e la «residenza anagrafica» devono ora coincidere per avvalersi delle agevolazioni prima casa. Mentre con l'Ici la residenza si poteva dimostrare fornendo diverse prove (come l'allaccio alle utenze), con l'Imu è necessaria l'iscrizione nei registri anagrafici, requisito facilmente controllabile che non ammette prova contraria. Conseguentemente il proprietario dell'abitazione che ha la sola dimora abituale, ma non anche la residenza anagrafica, dovrà pagare l'Imu come seconda casa. Ciò dovrebbe valere anche nel caso in cui manca, sotto lo stesso tetto, la coabitazione del soggetto passivo e del suo nucleo familiare. In realtà questa parte della norma non è del tutto chiara - anche perché non contiene alcuna definizione di nucleo familiare - e presta il fianco a diverse interpretazioni: da una parte quella più rigorosa, di matrice giurisprudenziale (Cassazione 14389/2000), che attribuisce rilevanza decisiva alla convivenza familiare; dall'altra quella meno formalistica, che configura l'abitazione principale anche se il nucleo familiare risiede in immobili ubicati in comuni diversi, circostanza giustificabile per esempio da esigenze lavorative (Mef, circolare 3/DF/2012). Unità contigue Inoltre con il riferimento all'unica unità immobiliare non è più applicabile il consolidato orientamento della Cassazione (decisioni 25902/08, 3397/10, 20567/11) favorevole al regime agevolato dell'abitazione principale anche in caso di unità immobiliari contigue, censite in catasto separatamente. In queste situazioni si dovrà ora pagare come seconda casa, a meno che il contribuente non abbia proceduto a fondere catastalmente le due unità immobiliari contigue. Operazione che in realtà non sempre è possibile, ad esempio a causa delle diversa titolarità: nel regime agevolato potrebbero al limite rientrare gli accatastamenti unitari ai fini fiscali, muniti dell'apposita annotazione catastale. Gli altri casi La disciplina dell'Imu per gli immobili diversi dall'abitazione principale si applica anche agli immobili dei ricoverati in strutture di lungodegenza o degli italiani residenti all'estero. Fattispecie che i comuni possono però assimilare alla prima casa, rendendo così applicabile il regime agevolato. Opzione che risulta piuttosto gettonata dai sindaci, ma solo limitatamente alle case degli anziani, dal momento che i residenti all'estero in genere non votano alle amministrative. I conti In termini di importo da pagare, la differenza tra prime e seconde case è notevole: l'abitazione principale ha un'aliquota ridotta pari al 4 per mille (ritoccabile dai comuni dal 2 al 6 per mille) e un sistema di detrazioni correlato anche ai figli, la "seconda casa" ha invece un'aliquota base del 7,6 per mille, ritoccabile dai comuni dal 4,6 al 10,6 per mille, riducibile fino al 4 per mille solo per gli immobili locati. Si tratta in quest'ultimo caso di immobili che, insieme alle imprese, subiscono la penalizzazione derivante dall'aggravio dell'aliquota Imu e dalla duplicazione con le imposte sui redditi. Infatti con il passaggio all'Imu si verifica l'assorbimento dell'Irpef sui redditi fondiari, ma solo per gli immobili non locati, mentre non copre l'Irpef per gli immobili locati e quelli dei soggetti Ires. Il Dlgs 23/11 prevedeva per i locati una riduzione automatica dell'aliquota al 4 per mille, che con il Dl 201/11 si è invece trasformata in riduzione facoltativa, a discrezione degli enti. Non è peraltro consentito scendere al di sotto del 4 mille, non essendo stata confermata per l'Imu la disposizione contenuta nella legge 431/98 che consentiva di stabilire un'aliquota inferiore a quella minima per i locatori di abitazioni principali affittate con canone concordato. Si tratta delle case che soprattutto nelle grandi città sono state concesse in locazione a famiglie di basso reddito, con canoni inferiori a quelli di mercato, calmierati con regole locali. L'Imu e i rincari sulla base imponibile ha di fatto cancellato ogni convenienza fiscale per i canoni concordati. Tra le novità di quest'anno si segnala l'imposta va versata interamente ai Comuni, essendo stata eliminata la quota riservata allo Stato (legge 212/12), rimasta in vigore solo per i fabbricati produttivi di categoria D. Quindi l'Imu dovuta per le seconde case e le case in affitto va corrisposta esclusivamente al Comune utilizzando il codice tributo 3918 («Altri fabbricati»).

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