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Patto, incagliati anche i bonus - Il Sole24 ore del 10 giugno 2013

  • 10 Giu, 2013
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Accanto ai «bonus» da chiedere al ministero dell'Economia, il decreto «sblocca-debiti» della Pubblica amministrazione appena approvato in via definitiva dal Parlamento gioca la carta del «Patto regionale incentivato». Si tratta dello strumento che ha debuttato l'anno scorso con il decreto di luglio sulla revisione di spesa, che chiede alle Regioni di concedere spazi finanziari ai Comuni in cambio di un "premio" statale, e che quest'anno cresce in modo drastico proprio grazie al Dl sblocca-debiti: l'articolo 1-bis fa crescere la dote da 800 milioni a 1,27 miliardi, la estende al 2014 e dà tempo fino al 30 giugno per ripartire le risorse.

 

Lo strumento moltiplica il proprio impatto grazie all'effetto leva, perché le Regioni ricevono sul proprio Patto uno sconto pari all'83,33% degli spazi finanziari ceduti ai Comuni del territorio, per cui gli 1,27 miliardi messi sul piatto dal decreto possono produrre sconti complessivi da 1,52 miliardi: tutti da utilizzare per il pagamento dei vecchi debiti in conto capitale nei confronti delle imprese.
Sulla carta, insomma, il meccanismo è potente, ma alla sua prima prova sul campo sembra aver mancato proprio il suo obiettivo-principe, cioè lo sblocco consistente dei pagamenti incagliati. L'inghippo si scopre spulciando le tante tabelle prodotte dalle sezioni riunite della Corte dei conti nell'ultimo Rapporto di coordinamento sulla finanza pubblica. Nel 2012, scrivono i magistrati contabili, i Comuni hanno accumulato un avanzo di competenza mista intorno ai 2,5 miliardi, superando di slancio gli obiettivi di finanza pubblica che chiedevano di arrivare a 1,8 miliardi: un «eccesso di risparmio» di 700 milioni (671,6, per la precisione) che naturalmente indica pagamenti resi possibili dalle regole di finanza pubblica ma non effettuati dalle amministrazioni.

La Corte dice di più, e spiega che gran parte di questo surplus si è accumulato proprio nelle pieghe del Patto regionale, che ha avuto un successo enorme fra i sindaci ma un effetto decisamente più tenue del dovuto. Secondo i calcoli della Corte è rimasto inutilizzato il 54% delle risorse mosse dall'incentivo, che avrebbe potuto far crescere i pagamenti effettivi di ben oltre il 50% e invece si è limitato a gonfiarli del 27,9%: non è poco, ma è la metà scarsa del potenziale. La media nazionale nasconde ovviamente casi reali ancora più gravi, a partire dal Piemonte (una delle Regioni storicamente più attive nei patti territoriali fin da prima degli incentivi statali) dove il surplus ha raggiunto addirittura il 136% dell'obiettivo di Patto: in Puglia il risparmio in eccesso è stato pari all'81% dell'obiettivo, in Veneto al 73% e in Toscana al 67 per cento. Guardando la medaglia dall'altro lato, si scopre poi che in Lombardia i risultati concreti della "solidarietà" territoriale sono stati minimi, con un aumento dei pagamenti di solo il 6%, mentre solo i Comuni del Lazio sono riusciti a raddoppiarli abbondantemente (+136,4%).
Come si spiegano questi numeri? La prima ragione è rappresentata dal consueto diluvio normativo, che cambia più volte in un anno gli obiettivi finanziari assegnati a ogni Comune rendendo impossibile la programmazione. Su un terreno così accidentato, inciampa la gestione dei Comuni, che ha problemi di suo come mostra anche il sostanziale fallimento dell'altro Patto regionale, quello orizzontale (in cui i Comuni si scambiano spazi finanziari fra di loro) oggi sospeso: è ancora la Corte a rilevare che il 19,8% dei sindaci che hanno chiesto "aiuti" ai colleghi ha poi sforato comunque il Patto, e si trova ora a dover affrontare le sanzioni e in contemporanea a rimborsare i bonus ricevuti.

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