All'esito della riunione annuale di confronto partenariale del Gruppo di coordinamento strategico dell'Obiettivo Cooperazione territoriale europea (CTE) 2014-2020, che si è tenuta a Roma il 2 luglio scorso, l'Osservatorio sulle Politiche di coesione - Dipartimento Fondi europei e investimenti territoriali IFEL pubblica un dossier informativo sullo stato di attuazione dei 15 programmi operativi CTE a cui partecipa l'Italia e una sintesi delle principali proposte in materia di cooperazione territoriale europea avanzate dalla Commissione in sede di negoziato per il ciclo di programmazione 2021-2027.
“Da una mappatura del 2013 del Ministero della coesione territoriale ben 1.884 comuni italiani presentano forti tassi di spopolamento e distano almeno 40 minuti di percorrenza dai poli di servizi e mobilità. Bisogna partire da questi territori, dalle piccole città e dai piccoli Comuni che, negli ultimi dieci anni, più di altri hanno risentito della crisi e della politica di austerità, introducendo meccanismi di flessibilità, liberando maggiori risorse, semplificando l’accesso ai fondi europei e rafforzando la capacità amministrativa”. Così Guido Castelli, Presidente IFEL, commenta a Treia al Festival della Soft Economy organizzato dalla Fondazione Symbola.
“Se a questi comuni aggiungiamo quelli che distano tra i 20 e i 40 minuti di percorrenza i comuni interessati delle aree interne sono 4.216, il 52% dei comuni italiani e il 22% della popolazione nazionale – aggiunge il delegato alla Finanza locale dell’Anci – è ormai necessario cominciare un percorso d’attenzione adeguata alle aree rurali ed interne almeno al pari di quanto fatto nel passato per le aree metropolitane affinché si possa garantire l’accesso ai servizi di interesse primario come scuola, mobilità e salute e contrastando al contempo il fenomeno dello spopolamento migliorando la qualità di vita nei piccoli Comuni”.
“Il prossimo ciclo di programmazione dei finanziamenti dei Fondi strutturali europei – ha concluso Castelli – destinerà alle aree interne una riserva del 5% che significa, per la prima volta, 1,5 miliardi di euro ai piccoli Comuni e alle zone con difficoltà di accesso ai servizi di base ma molta è la strada ancora da fare. Ne discuteremo con l’Anci domani a Gornate Olona all’Assemblea nazionale dei Piccoli comuni”.
Parere favorevole dell’Anci allo schema di regolamento che individua le cause che possono consentire il rifiuto delle fatture elettroniche da parte delle Amministrazioni pubbliche.
Come auspicato in più occasioni dai Comuni, lo schema di regolamento, approvato nella Conferenza Unificata del 3 luglio 2019, prevede fra le cause di legittimo respingimento “l’omessa o errata indicazione del Codice identificativo di Gara (CIG) o del Codice unico di Progetto (CUP), da riportare in fattura ai sensi dell’articolo 25, comma 2, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66” nonché “l’omessa o errata indicazione del numero e data della Determinazione Dirigenziale d’impegno di spesa per le fatture emesse nei confronti delle Regioni e degli enti locali”, prevista dal TUEL.
Viceversa, è negata la possibilità di “rifiutare la fattura nei casi in cui gli elementi informativi possono essere corretti mediante le procedure di variazione di cui all’articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633” (note di variazione).
Il regolamento è un passo in avanti, anche dal punto di vista della tempestività dei pagamenti, rispetto al pre-vigente orientamento di limitare i casi di rifiuto alle sole fatture elettroniche non conformi alle norme fiscali e risolve le difficoltà in cui venivano spesso a trovarsi i Comuni ricevendo documenti che non potevano pagare né rifiutare.
L’ANCI ha, inoltre, richiesto di costituire il "tavolo tecnico permanente per la fatturazione elettronica”, la cui istituzione, ai sensi dell’articolo 5 del d.lgs. n. 148 del 2018, avrebbe dovuto avvenire entro il 2 marzo scorso presso l’Agenzia per l’Italia digitale.